Sei mai stato all’isola che non c’è?

Se ad alcune persone venisse chiesto: “Sei mai stato all’isola che non c’e’?”, molto probabilmente queste penserebbero che chi ha rivolto loro la domanda sia un pazzo o un ironico o un tipo scherzoso e sognatore.

Ma se questa domanda venisse rivolta ad altre persone, quelle giuste, quelle che “sanno”, risponderebbero senza ombra di dubbio: “SI!”. E nel dare questa risposta i loro occhi si accenderanno di una luce che ricordera’ molto quella che si accende nello sguardo di chi e’ veramente innamorato. Perche’ chi e’ stato nell’Isola che non c’e’ , e ne ha compreso il vero spirito, la vera bellezza, la vera emozione che suscita nella mente e nel cuore di chi e’ sensibile, non puo’ non essere innamorato.

Quando si riesce a vedere la magia nascosta dietro allo strato sottile di materia che la ricopre -e credetemi che e’ uno strato molto sottile!-, si viene catturati completamente, come se si fosse sotto l’effetto di un incantesimo. Non c’e’ ritorno da questo incantesimo. Una volta scoperto e conosciuto, non abbandona mai chi lo ha afferrato; il suo effetto pervasivo si fara’ sempre sentire. Forse e’ piu’ corretto dire che, chi ha afferrato, scoperto e conosciuto tale potente magia, sara’ lui a non volerla piu’ abbandonare. Il soggetto diventa oggetto.

Non e’ mai facile esprimere agli altri il significato che ha per noi qualcosa a cui teniamo in maniera particolare. Le parole non sono mai abbastanza efficaci per trasmettere una sensazione che sia puramente autentica. Sarebbe come comunicare cio’ che si prova ascoltando una canzone: e’ impossibile essere precisi su una cosa cosi’ intima. Il paragone piu’ afferrato sarebbe quello del raccontare un sogno fatto di notte: quanta gente ha mai provato a spiegare lo stato di angoscia o tristezza o allegria o gioia o malinconia suscitato da un sogno attraverso una ricostruzione piu’ o meno sommaria e razionale delle sue immagini? Il risultato, per quanto possiamo essere bravi nella resa di storie inverosimili, sara’ sempre un’incomprensione di fondo da parte di chi ci ascolta.

Così  e’ sempre stato nel tentativo di spiegare la mia esperienza nell’Isola che non c’e’. Oh si, io ci sono stata! E il mio amore per essa e’ tale che sento il bisogno di scriverne e parlarne ogni giorno. Sono una di quelle persone a cui gli occhi s’illuminano nel pensare al colore del suo mare, alle spiagge dorate delle calette, alle barche a vela che solcano le acque di Porto Palma…

L’Isola che non c’e’ ha una locazione precisa: non e’ “la seconda stella a destra” e non bisogna essere pirati o bambini per arrivarci. Basta prendere un qualsiasi mezzo di trasporto e dirigersi in un’isola nel mezzo del Mar Mediterraneo: Caprera. Ogni volta che mi avvicino alle sue sponde riesco a sentire il richiamo dei ricordi passati, l’eccitazione del momento e la speranza dei giorni che devono ancora svolgersi. Al posto delle battaglie contro i pirati, delle fughe dai coccodrilli e degli scherzi delle sirene abbiamo le nostre avventure con il mare e il vento; quante derive che scuffiano, che si sfidano tra loro e che evitano gli scogli! E le persone con cui si fanno queste avventure diventano amici e fratelli proprio come i “bambini sperduti”. Chi non si sente bambino in questo posto?

Penso di essere cresciuta grazie a Caprera. Ho imparato a stare con gente della mia eta’, gente piu’ grande, piu’ piccola, gente straniera, gente stravagante, gente adorabile, gente anche antipatica…In poche parole ho imparato a stare con tutti. La condivisione di ogni cosa mi ha insegnato cio’. Quello che unisce chi va all’Isola che non c’e’ e’ la passione per il mare e per la liberta’ e il profondo odio per tutto cio’ che e’ convenzionale e scontato; e’ la ricerca di qualcosa che sia autentico e solo nostro. Caprera e’ la creazione di un mondo a parte, un mondo bellissimo, che strega chiunque sia disposto a lasciarsi sedurre dalla semplicita’ e dalla poesia del luogo.

Cio’ che provo quando mi trovo li e’ la sensazione di essere a casa. Sono in contatto con me stessa, libera dagli schemi sociali; niente specchi, niente trucco, niente vestiti sofisticati. NIENTE APPARENZA; SOLO ESSERE. La vita di mare da’ le condizioni per svelare tutto cio’ che si e’. Ogni minima debolezza che si ha si sente; ogni punto di forza che si ha diventa sempre piu’ consapevole.

Una sola cosa di Caprera mi rende triste: non tutti coloro che ci sono stati poi la vivono e la pensano con l’ingenuita’ e la bellezza di chi ne ha captato il senso vero. La metafora che c’e’ dietro e’ forse troppo complessa? Non penso. So solo che tra noi “caprerini” alcuni sono “bambini sperduti” e altri sono “pirati”. Chi e’ pirata o la odia profondamente e vuole andarsene o la ama con la stessa avidita’ con cui si potrebbe amare il denaro. In cio’ non c’e’ nulla di magico, nulla di fiabesco. L’immagine di un’Isola che non c’e’ svanisce per colpa di chi la racconta da un punto di vista distorto e per niente preso da quell’incantesimo che c’e’ sotto. E ogni anno che passa mi rendo conto che di pirati ce ne sono tanti; la vera gioia e’ trovare qualcuno che la pensi come me. La vera gioia e’ trovare qualcuno che la ami come me, in maniera pura, per quello che ci offre di base. Perche’ quello che ci offre – amicizia, amore, complicita’, senso di fiducia, allegria…- sono il tesoro piu’ prezioso che ci resta da trovare in un mondo che di questi sentimenti comincia a scarseggiare.

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