Nell’antichità si usavano materiali naturali e fibre naturali per realizzare le vele delle barche. I Fenici utilizzavano tessuti di lino e canapa, così come i Greci e Persiani. Per molti secoli i materiali per fabbricare le vele restarono più o meno gli stessi, mentre con l’avvento delle fibre sintetiche, verso gli anni 50 del secolo scorso, s’iniziarono a realizzare vele con fibre quali il nailon o rayon.
Oggi la tecnologia nel settore della vela è arrivata a livelli molto alti ed materiali come il Dracon o il Lankotex, che sino a qualche decennio fa andavano per la maggiore, sembrano ormai obsoleti, sostituiti dalle fibre di nuova generazione come il carbonio e la dyneema. La tecnologia principale per realizzare vele in carbonio prevede l’assemblaggio dei laminati mediante fibre impregnate di resina, racchiusi da due film ( strati ndr), anch’essi spalmati di epossidica che funge da collante.
Il difetto di questa tecnica è che, col tempo, la resina tende ad irrigidirsi sia a causa dell’esposizione ai raggi ultravioletti che per le sollecitazioni meccaniche subite durante le manovre: issate, ammainate, virate ecc. Quando il polimero perde la sua naturale capacità di torsione ed elasticità, la vela inizia a delaminarsi. I due film che racchiudono le fibre tendono a distaccarsi ed il reticolo strutturale delle vele si deforma all’interno del laminato, facendo perdere l’efficacia aerodinamica. Inoltre la resina aumenta il peso della vela, che inizialmente viene compensato dal beneficio dato dalla rigidità del manufatto sia in termini di carico e resistenza, ma successivamente con l’uso l’eccessivo peso penalizza la performance generale e l’assetto velico.
Con il brevetto messo a punto dalla Millenium ( Intl, Patent Pending ) si possono realizzare laminati senza l’impiego di resine, con evidenti vantaggi sia in termini di peso, durata e resistenza della vela.
La nuova tecnica prevede l’assemblaggio del laminato mediante l’utilizzo di un sistema di sottovuoto a -0,95 bar di pressione, che equivalgono a circa 9 tonnellate di pressione per ogni metro quadro, e la cottura in forno controllato elettronicamente al fine di assicurare una costante temperatura su tutta la superficie.
A differenza della resina la polimerizzazione del Mylar, mediante pressione e calore, genera un processo irreversibile di fusione del film e delle fibre e quindi si può garantire la completa assenza di delaminazione della vela.
Questo processo è molto simile a quello utilizzato per realizzare gli alberi in carbonio mediante la cottura in autoclave. Il Millenium supera anche il limite fisico della tecnologia su stampo, che deriva dalla possibilità di produrre vele di forma e superficie differenti dalle dimensioni stesse stello stampo, raggiungendo anche misure ragguardevoli.
Inoltre la tecnologia Millenium promette anche una notevole riduzione dei costi, soprattutto per quei modelli destinali alle barche che optano per la crociera veloce, piuttosto che alla regata pura.
La tecnologia Millenium è certamente una piccola grande innovazione, sia in termini di qualità che di prezzo ed ora non mi resta che verificare l’efficacia e le aspettative dei produttori di queste vele, magari veleggiando in regata con un set di Carbon Grand Prix, al top della gamma.