Le imprese oceaniche più incredibili della storia: dalle micro traversate di Sven Yrvind all’esperimento del Kon-Tiki

Da Agostino Straulino ad Eric Tabarly, da Bernard Moitessier a Francis Joyon: il mondo della vela sportiva conta nel suo firmamento numerose stelle che sono state capaci di distinguersi non solo per la loro abilità al timone ma anche per il loro coraggio e la loro indomita ricerca di superare i limiti della natura umana. Il mare del resto ha sempre richiesto all’uomo una grande dose di disciplina, tecnica ma anche e soprattutto coraggio e abnegazione per compiere imprese incredibili decisamente fuori dagli schemi. Difficile ad esempio immaginare quali sensazioni potessero provare o meglio cosa potesse passare per la testa a quei nostri antenati europei che circa 14 mila anni fa, durante l’ultima era glaciale, si imbarcarono verso l’ignoto prendendo la rotta dell’oceano su precarie imbarcazioni di legno. Questi primi temerari a bordo di mezzi di fortuna, senza dubbio meno evoluti delle caravelle di Colombo, anticiparono anche le prime missioni di scoperta dei Drakkar vichinghi e delle triremi romane che stando alle prove fornite negli ultimi decenni da specialisti e scienziati, pare siano state capaci di conquistare terraferma nel “Nuovo Mondo” prima dell’impresa del nocchiere genovese.

Nuovo mondo

Epopee leggendarie confermate anche dai recentissimi rinvenimenti sul genoma dei nativi che ha di fatto accertato presenza di DNA europeo nelle popolazioni autoctone delle Americhe. Proprio queste ipotesi di antichi contatti tra continenti hanno spinto ad esempio l’esploratore norvegese Thor Heyerdahl a riprendere in qualche maniera il sentiero dei suoi antenati vichinghi per testare, nel 1947, una rischiosa traversata del pacifico che dalle coste del Perù condusse lui e la sua equipe di marinai e ricercatori sulle coste di Puka Puka, un’isoletta della Polinesia Francese. Circa 7000 km tra i flutti dei marosi a bordo di una zattera di balsa, il Kon-Tiki (al quale è dedicato anche il celebre romanzo scritto dallo stesso Heyerdahl), costruita con tecniche e strumenti preistorici. Il viaggio sperimentale servì a dimostrare la possibile colonizzazione di questi atolli già in epoca precolombiana e dette il via ad un’altra serie di viaggi in mare prestati alla storia come quello del 2016 che portò la crew del Drakkar Harald Harfagre a seguire le tracce dei vichinghi e prendere il largo per Vinland (il nome con cui le antiche popolazioni del Nord designavano le Americhe).
Ma le traversate più affascinanti sono forse quelle fatte in solitaria e a tal proposito senz’altro uno dei velisti più famosi è il norvegese Sven Yrvind.
Le sue imprese lo hanno reso celebre nel mondo della vela e per l’indomita ricerca di superare i limiti e l’innata audacia e sprezzanza del pericolo può essere senz’altro inserito nella cerchia degli sportivi più esuberanti della storia. Il marinaio di origini svedesi è infatti uno specialista delle “micro” traversate, avendo solcato i mari del mondo manovrando imbarcazioni sempre al di sotto dei 6 metri. Questi barchini hanno, secondo l’opinione dello stesso Yrvind, il pregio di resistere meglio agli urti estremi delle mareggiate. Yvrind progetta e costruisce le sue “compagne di viaggio” attrezzando lo spazio ridotto di tutto l’occorrente per sopravvivere ai marosi. Nel 2011 un suo progetto di 4,8 metri fu capace di raggiungere in poco più di tre mesi la Martinica dalle coste della Norvegia. Straordinario anche il fatto che tale impresa venne compiuta alla veneranda età di 72 anni. Lo scorso giugno a 82 anni suonati lo stesso Yvrind ha deciso di superarsi nuovamente partendo dalle Azzorre per puntare verso il Mar dei Sargassi con la sua Elxex (appena 5.76 metri di scafo).

nave a vela vichinghi

A proposito di traversate in solitaria vale la pena citare anche il recente record segnato da Francis Joyon. Questo vecchietto terribile, rinomato lupo di mare, lo scorso 11 luglio a 61 anni è stato capace di abbassare di 49 minuto il suo precedente record di traversata Atlantica. 5 giorni, 2 ore e 7 minuti partendo da New York per raggiungere Cape Lizard, nella punta estrema della Cornovaglia a bordo del suo Idec Sport di 31 metri. Tempistiche decisamente ridotte che fanno riflettere non solo sull’indubbia abilità del velista ma anche su quanto la tecnica moderna applicata alle nuove imbarcazioni abbia reso in qualche maniera il mondo ancora più piccolo e forse, purtroppo, anche un po’ meno affascinante.

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