Sin dall’antichità era già noto che unendo materiali diversi si miglioravano le caratteristiche meccaniche che avrebbe avuto un singolo elemento. Gli Egizi univano paglia al fango per realizzare mattoni da costruzione più resistenti, così come oggi si utilizzano tondini di ferro per armare il calcestruzzo e renderlo più resistente ai carichi di trazione e flessione.
La composizione di due o più materiali diversi in un materiale composito produce oggi manufatti che hanno applicazione in diversi campi. Ad esempio l’uso delle fibre ad elevate proprietà meccaniche consente di impiegare materiali polimerici per costruire barche, automobili o aerei.
In questa breve scritto mi limiterò a trattare i materiali compositi, per la costruzione di alberi per barche a vela e per applicazioni strutturali, a matrice polimerica e rinforzati da fibre di carbonio o aramidiche (Kevlar).
Le fibre di carbonio o di kevlar generalmente possiedono un modulo elastico ( rigidità) molto più elevato della matrice polimerica che andranno a rinforzare. Infatti, se aggiungiamo il 50% in volume di fibre continue di carbonio in una matrice di resina epossidica si produrrà una struttura che, sollecitata a trazione nella direzione secondo la quale sono disposte le fibre, presenta una rigidità anche di 2 volte superiore a quella di una struttura in acciaio delle stesse dimensioni – il modulo elastico del composito può raggiungere i 400 GPa, il doppio di quello dell’acciaio che è uguale a 200 GPa -, con una resistenza a rottura 3/4 volte più alta.
Inoltre con l’utilizzo del materiale composito si avrà un risparmio in termini di peso pari a 4 volte quello dell’acciaio o di altra lega ferrosa.
Visto le proprietà meccaniche dei materiali compositi in fibra di carbonio molti progettisti hanno pensato di realizzare alberi per barche a vela con questo tipo di composito dato che le sollecitazioni ed il peso dell’albero rivestono un aspetto non indifferente nella fase progettuale di una barca vela. Meno peso in alto significa meno zavorra sotto la chiglia.
Esistono due metodi fondamentali per costruire un albero in carbonio: uno con stampo femmina e l’altro con stampo maschio o mandrino. Nel primo caso lo stampo sarà realizzato in due semigusci sui quali verranno distese le fibre impregnate ed una volta polimerizzate verranno unite per realizzare il manufatto.
Nel secondo caso lo stampo è costituito da un mandrino sul quale vengono avvolti i tessuti di fibre e resina. Con questo secondo metodo si evita la fase dell’incollaggio, delle due metà, che invece è previsto nello stampo femmina.
Ovviamente per realizzare un manufatto perfettamente liscio e privo di imperfezioni è necessario procedere alla “cottura”, – termine con cui si definisce il processo di polimerizzazione – dell’albero. E’ necessario, prima di “cuocere”, applicare un ultimo sacco del vuoto e infilarlo nell’ autoclave che, come una camera iperbarica, serve ad aumentare la pressione sul laminato. Questo ciclo in autoclave permette di creare una forza premente sulle fibre, tale da abbassare ulteriormente il contenuto di vuoti d’aria.
Una volta terminato l’assemblaggio dell’albero in autoclave alla temperatura di 80/100 gradi per nove ore, si potrà estrarre il mandrino e rifinire il manufatto. Per realizzare alberi di 30/40 metri è necessario disporre di autoclavi delle stesse dimensioni che permettono la realizzazione di manufatti in un unico pezzo. Certo questo sistema richiede notevoli investimenti finanziari, per realizzare autoclavi e strutture adeguate, ma ripaga in termini di qualità e specificità che non tutti i produttori di alberi in composito possono vantare e far “crescere”.