Pere tutti i velisti, regantati o meno, l’edizione del 1979 del Fastnet è certamente la regata più sfortunata e tragica mai registrata nella storia di questo sport, con un bilancio negativo, sia di perdite di vite umane che di affondamento di barche, che ancor oggi a distanza di oltre 30 anni mette i brividi.
Nella notte funesta tra il 13 e il 14 agosto, nel canale di San Giorgio tra l’Inghilterra e l’Irlanda, un’imprevista e disastrosa depressione scatenò la violenza degli elementi della natura sulla flotta di 303 imbarcazioni – divise in cinque classi Ior- ed impegnate sul classico percorso Cowes-Scoglio del Fastnet e ritorno di oltre 600 miglia marine.
Al termine della regata solo 85 yacht -la maggior parte delle classi maggiori- portarono a termine la sfida che stando alla cronache dell’epoca non fu neanche stilata ufficialmente. In totale ci furono 15 morti e ben 24 equipaggi dovettero lasciare le loro barche in preda ai marosi. Molte colarono a picco insieme ai membri degli equipaggi, mentre otre 130 persone furono miracolosamente salvate dalla morte grazie all’eroico intervento delle squadre di soccorso inglesi e bretoni che si mobilitarono in tempo per rendere meno tragico il numero delle perdite.
La tempesta fu talmente furiosa che si registrarono onde alte anche 20/25 metri che frangendosi sulle barche le spazzarono via come dei turaccioli. A registrate le perdite maggiori furono le piccole imbarcazioni molto leggere e non certo adatta ad affrontare simili condizioni meteo marine. Le regole IOR dell’epoca permettevano infatti la partecipazione di molti scafi dal dislocamento medio leggero e con poca stabilità iniziale così che le onde li capovolsero più volte sbattendo fuori bordo i mariani.
Molti sopravvissuti alla tempesta negli anni hanno narrato le loro disavventure in vari libri, ma tra quelli in vendita il più bello e commovente è senz’altro quello scritto da Nick Ward: “Abbandonati nella tempesta” Nick, insieme ad altri cinque compagni di avventura, faceva parte dell’equipaggio del Grimalkin, un quinta classe che si trovò praticamente nell’occhio del ciclone dove la pressione scese fino a 979 millibar e si sollevarono onde alte come palazzi.
In quella notte di terrore il Grimalkin scuffiò parecchie volte ed all’alba, fece una terribile capriola lungo il suo asse longitudinale. Nick Ward si risvegliò in acqua dopo una lunga perdita di coscienza. Per sua fortuna la cintura di sicurezza resistette alla forza delle onde è lui si ritrovo solo sul Grimalkin con Gerry Winks che moribondo lo lascio dopo poco averlo riportato a bordo della barca ormai completamente alla deriva.
Gli altri membri dell’equipaggio, Matt Sheahan, Mike Doyle e Dave Wheeler, se n’erano andati su una zattera convinti che i due superstiti fossero morti come il padre di Matt mai più ritrovato.
La narrazione cruda ed aspra di quei momenti prima del salvataggio, avvenuto alle 20,45 del 14 agosto, rendono questo libro unico e coinvolgente tanto che sembra quasi di rivivere i tragici eventi.
Per oltre quindici di ore, Nick Ward sopravvisse sulla barca disalberata che, per sua fortuna, non voleva affondare. Gerry gli morì tra le braccia e lui ne raccolse le ultime parole in ricordo della moglie adorata.
Secondo quanto emerge dal testo fu proprio il cadavere di Gerry, a cui Nick Ward si aggrappò per resistere, a dargli la forza di non morire. Per ore e ore gli parlò, s’immaginò le sue risposte, arrivo persino ad insultarlo e buttarlo fuori bordo. Il racconto di quel folle delirio notturno è certamente la parte più angosciosa ma anche più bella del libro.