Dopo un periodo di forzato riposo, a causa dei miei impegni lavorativi, voglio ritornare a scrivere sul nostro blog di Yacht & Vela trattando di un argomento molto interessante e che scarsamente trova spazio sulle riviste specializzate o sui comuni blog d’informazione nautica.
Si tratta della questione della marcatura CE delle imbarcazioni. Con il recepimento da parte del governo Italiano della direttiva europea 2003/44/CE, già da alcuni anni tutti i costruttori d’imbarcazioni da diporto hanno l’obbligo di attenersi alle direttive comunitarie in materia di sicurezza delle imbarcazioni conformandosi alle norme ISO EN UNI che garantiscono l’applicazione di una serie di prove per poter certificare ed ottenere la conformità del prodotto immerso sul mercato.
Tutti i venditori o gli importatori di imbarcazioni hanno l’obbligo di verificare se i loro “gusci” corrispondono a dette norme e pertanto sono obbligati, prima di apporre la marcatura CE, di verificare se le barche prodotte corrispondono ai requisiti minimi imposti per legge e secondo le categorie di navigazione.
Esistono quattro categorie di navigazione (A;B;C;D) le quali stabiliscono i limiti entro i quali una barca può resistere in mare. La categoria A dice che ogni barca così marcata può navigare in qualsiasi condizione di mare e vento, cioè può resistere a onde e vento superiori a 10 metri e vento superiore ai 50 nodi.
Via via che si scende di categoria scendono le caratteristiche di robustezza della barche e pertanto i futuri dovrebbero sapere che una barca in categoria B non può affrontare una tempesta e pertanto dovrebbe sempre navigare in condizioni di tempo medio-buone. Le barche di categoria C sono limitate all’uso costiero e con onde inferiori a 2 metri, mentre quelle D possono solo navigare in acque chiuse ( Laghi, fiumi, bacini artificiali, ecc.).
Incredibilmente, molte volte, sia i costruttori che gli enti di certificazione non svolgono assolutamente il loro lavoro certificando di fatto barche insicure, come ottime barche. Mi è capitato di poter accedere ad alcuni fascicoli di alcuni natanti a vela le cui caratteristiche erano state dichiarate conformi, mentre poi alla verifica dei dati, tutto risultava fuori norma.
E’ sorprendente che molti accertatori eseguano “verifiche” non ottemperano assolutamente al loro dovere e dichiarano cose false o verifiche mai fatte. Leggendo i report di alcuni surveyor c’è da rimanere esterrefatti. Gavoni non a norma vengono dichiarati idonei, calcoli di stabilità che vengono eseguiti diminuendo il dislocamento massimo delle persone imbarcate per rientrare nei limiti, portelloni stagni che invece fanno entrare acqua, ecc.
La superficialità e l’incuria regnano sovrane e mentre noi siamo convinti che la nostra barca sia sicura, invece non sappiamo che la stragrande maggioranza di esse difficilmente corrisponde si requisiti richiesti dalle direttive europee. Ogni tanto, per fortuna, la Capitaneria di Porto esegue controlli sugli enti accertatori e quando prende visione di certi fascicoli, allora poi, scattano le manette.
La cosa assurda è che in barca noi affidiamo la nostra vita, non solo alla nostre capacità di marinai, ma anche alla certezza di possedere un mezzo sicuro, mentre invece poi scopriamo che qualche ispettore si è dimenticato di firmare un report… peccato che poi le barche affondino e con loro gli equipaggi.