Quando vidi lo scafo dell’Arcidiavolo 42 per la prima volta nel capannone di un improvvisato cantiere nautico di Bereguardo (PV), tutto avrei pensato, ma mai di trovarmi di fronte ad una barca che sarebbe divenuta poi, una delle prime concept boat italiane.
In realtà quello che vidi era soltanto una stampata di vetroresina, tra l’altro mal riuscita, di quella che doveva essere la barca commissionata da un architetto milanese al “cantiere”, ben due anni prima, il quale, stanco dei continui ed ingiustificati ritardi, mi aveva contattato per una consulenza al fine di dirimere la questione e valutare tecnicamente ed economicamente lo stato di fatto. Sin dal primo momento mi accorsi che si trattava di un progetto innovativo e di pregio che mi ricordava una barca da competizione simile, ideata nel 1972 da Renato Levi, e che ne replicava la tipologia della carena a triciclo rovesciato e, seppure vagamente, lo stile.
Osservando attentamente i disegni ed i piani costruttivi capii che si trattava di uno studio molto interessante a firma del Victory Design di Brunello Acampora, noto progettista napoletano, e che pertanto il valore del tutto, non stava tanto nello stato di avanzamento dei lavori di realizzazione della barca, ma semmai nei disegni e forse negli stampi i quali, però, dovevano essere controllati e molto probabilmente rivisti. A conclusione del mio lavoro suggerì al committente di liquidare una somma forfetaria che comprendesse sia il valore dei piani di costruzione che quello degli stampi e poi di rivolgersi ad un altro cantiere capace di dar vita a questo progetto.
Della vicenda non ne seppi più nulla e pensai che tutto fosse sfociato nell’oblio, sino a quando, circa un anno fa lessi un articolo, pubblicato in una rivista di settore, che riguardava proprio lo stesso Arcidiavolo 42, che avevo periziato tempo prima, ora realizzato dai Cantieri di Sarnico.
Questi, molto probabilmente, avevano acquisto i disegni con l’intento di sviluppare il progetto di una nuova concept boat, al fine di sperimentare idee che potessero portare alla costruzione di scafi con prestazioni e comfort in navigazione superiori a quelli attuali.
Come si può ben comprendere a prima vista, si tratta di un modello aggressivo nelle linee di carena, quasi estremo, fatto per solcare il mare ad altissime velocità, pur sempre mantenendo una totale sicurezza e confort di guida. Lo studio attribuisce priorità alle qualità dinamiche, senza però rinunciare agli spazi abitabili, sebbene questi abbiano un’importanza ridotta nell’ambito del concept.
La carena a “trimarano” utilizza gli “step” e presenta un’efficienza e una stabilità superiori a quelle dei molti monoscafi. Il sistema di propulsione è composto da due motori turbodiesel Yanmar da 480 cavalli, un cambio di velocità a due rapporti ZF e trasmissioni supercavitanti Flexidrive Power, le stesse che hanno vinto il campionato del mondo Powerboat 2006. Il connubio tecnico tra cambio e trasmissione ha lo scopo di fornire una potenza pulita, un’elevata efficienza e bassi consumi.
La linea è moderna, ma al tempo stesso ricca di richiami allo stile retrò. Pur essendo un esemplare dai toni marcatamente sportivi, propone aree abitabili nel pozzetto e a poppa, nonché un rifugio sottocoperta. Queste caratteristiche lasciano spazio a una possibile trasformazione in barca da diporto e a un’eventuale futura produzione in serie. Insomma una volta tanto l’arcidiavolo si è trasformato in acqua santa.