Ambrogio Fogar nasce a Milano il 13 Agosto 1941. Fin da giovanissimo coltiva la passione per l’avventura e gli sport estremi attraversando con gli sci le Alpi, praticando il paracadutismo ed arrivando persino ad ottenere il brevetto di pilota per aerei acrobatici.
All’inizio degli anni Settanta nasce poi il grande amore per il mare. Nel 1972 attraversa in solitario l’Atlantico del Nord per buona parte della tratta col timone in avaria. Nel gennaio 1973 partecipa alla regata Città del Capo – Rio de Janeiro.
Il 1 novembre 1973 salpa da Castiglione della Pescaia per compiere il giro del mondo in barca a vela in solitario navigando da Est verso Ovest, contro le correnti e il senso dei venti, terminando il viaggio nel dicembre del 1974 dopo quasi 400 giorni di passati in mare. Nel 1978 quando “Surprise”, la sua barca, nel tentativo di circumnavigare l’Antartide viene affondata da un’orca, naufraga al largo delle isole Falkland.
Alla deriva su una zattera di salvataggio per 74 giorni con l’amico velista e giornalista Mauro Mancini, viene tratto in salvo da una nave cargo Cilena. Mentre Fogar non risente dell’accaduto, Mancini perde la vita.
Dopo la tragica scomparsa dell’amico Mauro e le moltissime accuse innescate sulle cause del naufragio e che lo vedono coinvolto, addossandogli responsabilità assurde, Fogar decide di abbandonare la vela senza smettere però di progettare avventure e viaggi ai confini del mondo.
Verso la metà degli anni ottanta, dopo aver trascorso due mesi intensi ed impegnativi in Alaska per imparare a guidare i cani da slitta, Fogar si trasferisce in Groenlandia: il suo obiettivo è un viaggio a piedi per raggiungere il Polo Nord, con la sola compagnia del fedele cane, di razza Husky, Armaduk.
Dopo questa impresa, parzialmente riuscita, Fogar approda nel mondo televisivo. Con la trasmissione “Jonathan: dimensione avventura“, per sette anni girerà il mondo realizzando immagini bellissime e spesso in condizioni di reale pericolo.
Nonostante sia un personaggio televisivo non smette di sognare l’avventura. Il 12 settembre 1992, quando durante il raid Parigi-Mosca-Pechino la macchina guidata dall’amico e pilota Giacomo Vismara si capovolge, Fogar si ritrova con la seconda vertebra cervicale spezzata. L’incidente gli provoca un’immobilità assoluta e permanente. Da quel giorno per Ambrogio l’impresa più dura è vivere.
Ambrogio Fogar è stato anche scrittore di pregio, vincendo il Premio Bancarella Sport con due libri bellissimi: “Il mio Atlantico” e “La zattera“. Tra gli altri titoli ricordiamo: “Quattrocento giorni intorno al mondo”, “Verso il Polo con Armaduk”, “Sulle tracce di Marco Polo” e “Solo – La forza di vivere”.
Per comprendere i valori umani che rappresentava e che egli stesso trasmetteva sarebbero sufficienti le poche parole tratte dal suo libro “Solo- La forza di vivere”:
In queste pagine ho cercato di mettere tutto me stesso. Soprattutto dopo essere stato così duramente ferito dal destino. Tuttavia ho ancora un ritaglio di vita. E’ strano scoprire l’intensità che l’uomo ha nei confronti della voglia di vivere: basta una bolla d’aria rubata da una grotta ideale, sommersa dal mare, per dare la forza di continuare quella lotta basata su un solo nome: Speranza.
Fogar si spegne il 24 agosto del 2005 per un arresto cardiaco, proprio mentre gli era arrivata la notizia che avrebbe potuto curarsi in Cina con un trapianto di cellule staminali. Per tutti i velisti della mia generazione lo skipper milanese rimarrà per sempre un uomo simbolo con una forza e spirito d’avventura. Un uomo da imitare.