Le Isole Chagos diventano il più grande parco marino del mondo.

Isole Chagos

Si parla sempre più spesso di salvaguardia dell’ambiente marino, tanto più quando si registrano incidenti, come quello del cargo Cinese che si è incagliato sul Great  reef dell’Australia, che rischiano di devastare l’ecosistema marino.

Dopo le ovvie proteste degli ambientalisti e di chi il mare lo ama davvero, forse sarebbe il caso che a livello mondiale fossero stabilite delle regole severe per proibire la navigazione di certe carrette del mare, che inevitabilmente diventano delle vere e proprie bombe ecologiche in mano a speculatori senza scrupoli.

Fortunatamente, in questi giorni, il ministro degli esteri inglese David Miliband ha annunciato l’avvio della  costituzione della più grande area marina protetta al mondo in Oceano Indiano, intorno allo splendido arcipelago delle isole Chagos.

Questa porzione di mare, con una superficie di circa 545.000 chilometri quadri, accoglie tra l’altro la Great Chagos Bank, la più grande formazione di barriera corallina al mondo con oltre 300 specie di coralli dai mille colori e più di 1.000 differenti specie di pesci. Una zona praticamente incontaminata e praticamente priva di ogni struttura ricettiva ed alberghiera che la rendono senza dubbio uno degli ultimi paradisi marini al mondo.

Per mantenere inalterata la bio diversità dell’arcipelago, quasi tutta l’area sarà quasi totalmente interdetta alla pesca. In particolarmente oltre 345.000 chilometri quadri saranno considerati assolutamente “no take” dove saranno vietate tutte le attività di pesca possibile, mentre la restante superficie avrà restrizioni molto rigide e permessi limitati e severamente controllati.

Il vero ed annoso problema da risolvere è certamente quello degli ex-abitanti di queste splendide isole Chagos, che dopo l’istituzione delle base militare statunitense Diego Carcia, sono stati allontanati dalle loro abitazioni per essere trasferiti alle Mauritius, senza che nessuno abbia mai garantito loro la possibilità del ritorno alle zone d’origine.

Le quasi cinquemila persone che vivevano nell’isola dovranno certamente essere reintegrate con la possibilità di tornare a svolgere la propria attività di pescatori, che da sempre aveva un impatto limitato sull’ambiente, dato che questa attività veniva svolta per il solo sostentamento della comunità locale.

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