Imbarcazione ALBACHIARA
DIARIO DI BORDO N°1
“Monfalcone – Istanbul”
Eccoci qua, oggi è il 31 luglio 2009, sembra così lontana quella notte dello scorso 19 luglio, quando da Monfalcone (Trieste), a bordo dell’imbarcazione “ALBACHIARA”, uno sloop di 44 piedi (mt 13,60), mollati gli ormeggi salpammo alla volta della nostra avventura estiva, in navigazione verso il sud del Mediterraneo, destinazione “ISTANBUL”. L’equipaggio oltre che dal sottoscritto (Andrea Solinas), era composto da Giziano Gaspani detto Gizzo, da Antonio Valtorta (Don Abbondio), da Gigi Chessa (il sardo), e da Marcello Rossetti (il poeta). Sin da subito il gruppo si manifestò palesemente entusiasta, galvanizzato dall’idea del percorso avventuroso; tutti felici, allegri e disponibili. Ritengo innanzitutto doveroso, nominare due amici con i quali abbiamo vissuto parecchie avventure marinaresche e avrebbero dovuto far parte dell’equipaggio, ma che per cause lavorative si sono trovati costretti a rinunciare con amarezza manifestata. Ciao a voi Andrea Cioni di Ferrara ed Andrea Colombari di Parma, ci mancate; ci mancano le battute del Ferrarese ed i fendenti intellettuali del Parmigiano. Un pensiero ed un ringraziamento anche a Massimiliano, l’amico che ci fece da Caronte, accompagnandoci a Monfalcone, (raggiungici Max). Navigammo tutta la notte sotto un cielo stellato, con la via lattea che sembrava tracciare la nostra rotta, che sensazione meravigliosa! I turni da due, il caffè nero e bollente del Gizzo, ed i pensieri che si liberano dando spazio a sentimenti diversamente costretti. Tutto il bello, tutto il buono che c’è in noi, in quel momento si libera. 100 miglia ed il giorno seguente alle ore 15,30 circa entrammo nel porto di LUSSINO (Mali Losinj Croatia); giusto il tempo per espletare le sempre complesse formalità burocratiche, per poi ripartire alla volta di un’isoletta che personalmente adoro: PREMUDA. Dato fondo all’ancora nella splendida baietta antistante il paesetto di pescatori, ci cucinammo due spaghetti e con un buon bicchiere di vino che Gigi aveva portato dalla sua Sardegna, ci gustammo un splendido tramonto infuocato. Il giorno seguente fu la volta delle “INCORONATE” una miriade di meravigliose isolette che come tanti mucchietti di sabbia sembrano sbucare dal mare. Ciò che si presenta al visitatore è un paesaggio “lunare” , le isole sono brulle e rocciose, ma lo spettacolo è di quelli da togliere il fiato. Ci sono già passato diverse volte, ma l’emozione è sempre la medesima. Dopo aver trascorso la notte in una delle tante splendide baiette, il mattino seguente, dopo aver fatto la nuotata quotidiana in acque cristalline, ripartimmo alla volta di SPALATO. Purtroppo, niente vento, quindi issata solo la randa stabilizzatrice, dopo una smotorata multi-ore, giungemmo per sera nel porto di SPALATO. Gran bella città, ricca di vita, folklore e bella gente. Fu poi la volta di DUBROVNIK, altra città ricca di storia, con vie, case e piazze che sono testimonianza e lode dell’architettura veneziana (non per altro la città è posta sotto la tutela dell’Unesco quale patrimonio storico dell’umanità). DUBROVNIK fu la nostra ultima tappa della Croatia.
Lasciato il suggestivo marina puntammo verso lo sconosciuto Montenegro ove, sostituita la bandiera di cortesia, entrammo nelle “BOCCHE DI CATARO”, un luogo tanto inaspettato quanto incredibile, sembrava di navigare nel lago di Como. Si presenta come un ampio bacino contornato da monti ricoperti di pini lussureggianti, che si dirama internamente formando quelli che all’apparenza possono sembrare tre laghi collegati, ma che in realtà sempre nel mare ci si trova. Sbarcati nella piccola cittadella “KOTOR”, dove trascorremmo la notte, rimanemmo sbalorditi da tanta bellezza, un luogo veramente incantevole, talmente bello che viene difficile poterlo descrivere. Non solo il luogo, ma anche i Montenegrini sono davvero una bella razza; le donne sono uno spettacolo; noi ragazzotti maturi abbiamo allietato la vista, non sapendo più dov’altro guardare. Scoprimmo poi, attraverso letture di guide locali, che la bellezza della gente Montenegrina, è cosa risaputa ed appurata; comunque GARANTITO andate tranquilli. Il giorno successivo, facemmo la nostra buona azione aiutando un ragazzotto che, per recuperare un pallone si avventurò in mare con un piccolo canotto, con un vento contrario che gli impediva di rientrare spingendolo sempre più al largo (vi risparmio i commenti di Antonio, che ci fecero ridere per giorni). Eccoci in navigazione in mare Albanese; l’ingresso in DURAZZO di notte, con una miriade di secche presenti dinnanzi all’ingresso del porto, tra petroliere e mercantili alla fonda, si presentò alquanto difficoltoso. Ciononostante, avendo cura di osservare il GPS ed i fanali di segnalazione, entrammo in quello che in effetti ci apparì come porto commerciale. Ormeggiammo all’inglese (paralleli al molo) tra alcune pilotine ed un mercantile; espletate le incredibilmente semplici (ma onerose) pratiche burocratiche, scendemmo a terra per visitare la città, che ci apparve sin da subito come luogo appartenente ad altri tempi. In Albania abbiamo incontrato persone estremamente gentili, semplici e disponibili; purtroppo il popolo Albanese sta pagando gli errori di una storia passata, ma ancora troppo recente. La tappa successiva la trascorremmo nell’unico marina presente in Albania, ORIKUM nei pressi della città di Valona. Da lì, orientata la prua a sud puntammo sulla Grecia, non dopo esserci presentati alla capitaneria di Sarande per il visto d’uscita. Il 28 luglio alle 20.30 entrammo nel Marina di GOUVIA nell’isola di CORFU’(Grecia), dove ad attenderci c’era Gianni Baccani, un amico che ci ha raggiunto dall’Italia per unirsi all’equipaggio, BENVENUTO A BORDO GIANNI. Per un amico che arriva, un altro se ne va, Marcello ha esaurito il tempo disponibile e deve rientrare, ma c’è ancora tempo per qualche scorribanda in motorino, tra KERKIRA e PALEOKASTRITZA , tutto contornato da intermezzi culinari a base di tzatziki, taramosalada, suvlaki, grek salad e chi più ne ha più ne metta. In ogni caso Marcello ci mancherai, ci mancheranno le battute, le risate, le tue poesie e le tue foto.
Mentre stavo scrivendo queste righe, in navigazione tra Corfù e Paxos, proprio nel bel mezzo del canale di Lakka, due splendidi delfini emersero davanti alla nostra prua quasi da farsi toccare, ci accompagnarono con splendidi tuffi, facendo capolino tra il mascone di dritta e quello di sinistra in un meraviglioso gioco, che animò il nostro viaggio al punto tale che, raccogliendo la proposta di Gigi stappammo una bottiglia di Campagne ghiacciato per brindare al piacevole incontro. Da quel momento Antonio soprannominò Gigi, “il santo protettore dei delfini”. Ora siamo ancorati in una baia incantevole ad Antipaxos; la notte è schiarita da una luna abbondante, l’atmosfera è poetica, un buon bicchiere di grappa marcata “Laura Verdi” (veramente ottima), un sigaro e buona musica. La giornata è finita, domani attraverseremo il canale di Lefkas per passare dalle isole Ioniche settentrionali a quelle meridionali, ma questa è un’altra storia.
DIARIO DI BORDO N° 2
GRECIA, MarEgeo, inchiodati a Kytnos
Eravamo rimasti al canale di Lefkas, quel passaggio artificiale che separa il continente dall’isola di Lefkas, e che consente di accedere alle isole Ioniche meridionali. Dovemmo attendere l’apertura del ponte mobile per poterlo attraversare; attendemmo una mezz’oretta circa “agganciati” a quel che era rimasto di un vecchio barcone ormeggiato alla banchina, per poi accedervi unitamente ad una serie di altre imbarcazioni, tutti in fila indiana come in una fremente processione. Già altre volte ho attraversato questo canale e devo dire che ogni volta è come se fosse la prima; l’attesa, la nuotatina, e la consapevolezza che si sta per accedere ad un’area che, a parer mio è una delle più belle della Grecia. Incontrammo così Skorpios, l’incantevole isola privata appartenente alla famiglia Onassis, dove ci gustammo un ottimo bagno in una splendida baietta; quindi veleggiammo nello stretto e sempre ventoso passaggio tra Meganissi e Lefkas, con una bolina che risvegliò gli entusiasmi del gruppo. Appena in mare aperto lasciai il timone a Gianni (compagno di patente) che, con molto entusiasmo, randa e fiocco ridotti di almeno un terzo, ad una velocità mediamente superiore ai 9 nodi ci indirizzò verso la mitica Itaca.
Trascorremmo la notte all’ancora, nella baia antistante il porticciolo di Vathy, il tramonto fu spettacolare. Quando si arriva ad Itaca, i pensieri corrono inevitabili verso Omero e la sua Odissea, Ulisse, Penelope, Argo, i Proci, le sirene, i ciclopi e chi più ne ha più ne metta. Purtroppo non vi è alcuna traccia di tutto ciò, nemmeno nei negozietti di souvenir e la cittadella che appare al visitatore risulta completamente diversa da quanto ci si possa aspettare, piuttosto squallida, con moderne costruzioni che poco hanno di greco. Fummo però ampiamente ripagati il mattino successivo, quando ancorati in una baia paradisiaca, ci gustammo in un mare caldo, trasparentissimo e liscio come l’olio, delle meravigliose e rilassanti nuotate. Ad ovest di Itaca si vedono spuntare i monti di Cefalonia, da noi tristemente conosciuta per il massacro di oltre diecimila militari italiani della divisione Acqui ad opera dell’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale. Sembra che da tale massacro un nostro connazionale si salvò nuotando verso Itaca dove venne accolto e protetto dalla popolazione locale. Si racconta che dopo la guerra questo nostro connazionale ricoprì il ruolo di comandante su un battello di linea che faceva spola tra le isole della zona, ed ogni volta che si trovava a passare davanti ad Itaca suonava la sirena in segno di saluto e di ringraziamento alla popolazione.
Il giorno seguente ci “infilammo” letteralmente nel golfo di Patrasso per giungere entro sera nel porto dell’omonima città. La visita alla città ci lasciò alquanto perplessi e delusi, nulla di tutto quanto ci eravamo lasciati alle spalle.
Tuttavia, il mattino seguente passammo sotto al ponte sospeso più lungo al mondo, completato nel 2004 e lungo circa 2.300 mt, unisce la parte greca del continente con il Peloponneso, si presenta come un’opera architettonica di grande pregio ed è stato oggetto di sfogo delle nostre macchine fotografiche, videocamera compresa (dai Silvio, fallo più grande). Il giorno successivo navigammo alla volta di Corinto in un mare così liscio, ma così liscio che di più non si può; anche se queste non sono le condizioni ottimali per una barca a vela, lo spettacolo fu così invitante che, spento il motore in mezzo al mare, ci tuffammo in una sorta di mondo surreale. Ripresa la navigazione, poco più avanti, altra sorpresa, un branco di tonni che con balzi atletici irrompevano attraverso la superficie di quel mare liscio come l’olio. Alle 18.30 giungemmo a Corinto, per attraversare il canale più spettacolare al mondo, ma anche il più caro dopo quello di Panama; lungo 3,5 miglia, largo appena 25 mt con pareti scoscese alte fino a 75 mt, consente di passare dalla parte Ionica all’Egeo; per percorrerlo pagammo alle autorità ben € 205,00, ma lo spettacolo fu unico, ci trovammo in un canale artificiale, con un sole alle spalle che si stava appoggiando al mare e che a fatica faceva filtrare la sua luce rossa rendendo ancora più speciale il passaggio. Giungemmo dalla parte opposta dopo mezz’ora quando il sole era ormai calato e l’imbrunire ci accolse; ancorammo in un piccolo golfo sulla costa est del Peloponneso e scendemmo a terra per gustarci una buona grigliata di pesce contornata dal sempre ben apprezzato tzatziki. Eravamo ormai nell’Egeo, il mare di Atene, delle Cicladi, delle Sporadi, del Dodecanneso e del meltemi il famigerato vento che soffia stagionalmente da N-NE-NW raggiungendo la sua massima intensità proprio nel mese di agosto. Il mattino successivo raggiungemmo la vicina isola di Salamina che fu teatro di battaglia tra i Greci e gli invasori Persiani di Serse nel 480 a.C. dove i Greci alla guida dell’astuto Temistocle ebbero la meglio, nonostante l’inferiorità numerica di uomini e di navi, rafforzando e consolidando il dominio di Atene in tutto l’Egeo. Ci ancorammo ridossati da uno scoglio brullo in un acqua azzurra concedendoci un po’ di snorkeling; il fondo era disseminato di cocci d’anfora testimonianza di tempi passati. Il mattino seguente giungemmo nella grande immensa Atene, ormeggiammo al marina di Alimos, dove nel pomeriggio, dopo volo di poche ore, ci raggiunsero Silvana mia moglie, Nelida moglie di Antonio e Mariangela moglie di Giziano, che rimarranno con noi sino al 19 agosto. Anche qui, c’è chi viene e chi va. Il mattino seguente Gianni, dopo aver visiato il Partendone con tutti noi, ci ha lasciato, la sua breve vacanza è terminata, bacini bacetti e…. ci si rivede a settembre (sempre che tu non ci voglia raggiungere nuovamente dopo il 20 di agosto). Il 6 agosto mollammo nuovamente gli ormeggi, destinazione Cicladi, pernottamento alla punta estrema poche miglia ad est di Atene sotto i resti di alcune colonne che furono sostegno del templio di chissà, per ripartire il giorno seguente alla volta di Kea, la prima isola delle Cicladi settentrionali. La navigazione si mostrò da subito impegnativa, era arrivato il Meltemi. Mae e vento al traverso, altezza dell’onda mt 1,5, randa e fiocco terzaruolati ed arrivammo piuttosto stanchi a Kea, nel golfo omonimo, dove ci ancorammo per la notte. Il bello arrivò il giorno successivo, quando partimmo alla volta dell’isola di Syros (piano A), ma incontrammo mare e vento veramente forti, onde altissime, vento teso, barca bagnata, equipaggio teso e stressato, preoccupazione a bordo; ripiegammo al “piano B” modificando la destinazione dopo aver attraversato con non poche difficoltà il canale di Kea, dirigendoci in una baia protetta nell’isola di Kytnos, dove ancora oggi 10 agosto siamo ancorati in attesa che il Meltemi molli, comunque le previsioni promettono bene, domani si riparte alla volta di Mykonos, ce la faremo?
DIARIO DI BORDO N° 3
Astypalaia (l’isola farfalla)
È il 20 agosto 2009 sono le 23,15 ora greca, i miei amici si sono appena ritirati nelle loro cabine ed io mi ritrovo nel pozzetto di Albachiara a scrivere queste righe. Siamo ancorati in una baia protetta nell’isola di Astypalaia, la prima isola del Dodecanneso che si incontra provenendo dalle Cicladi. Eravamo rimasti che ci trovavamo bloccati dal Meltemi “aggrappati” ad uno scoglio sull’isola di Kytnos, da cui riuscimmo a partire solo dopo tre giorni di soggiorno obbligato, alla volta di Syros. Il piccolo porticciolo di quest’isola fu davvero accogliente, appena ormeggiati ci tuffammo direttamente in acqua; non sembrava vero finalmente in una zona tranquilla e protetta, sebbene fossimo in un porticciolo l’acqua era trasparente quanto quella di una piscina. Cenammo in una tipica taverna greca dove oltre alla solita greek-salad, ed al tzatziki, potemmo gustare dell’ottimo “octopus” ben cucinato. Il giorno seguente partimmo per Mikonos, la navigazione fu decisamente più tranquilla, per la gioia delle nostre donne, di Silvana in particolare. Mikonos conoscita come la capitale gay del Mediterraneo, in realtà può essere considerata l’isola della libertà assoluta e del divertimento. Qui chiunque è libero di porsi come meglio crede, si è vero è presente una folta rappresentanza gay, ma gli eterosessuali sono tantissimi, e ciò che si percepisce al di là di ogni cosa è il desiderio assoluto di divertimento. Mikonos è davvero bella, andateci appena potete, e gustatevi un aperitivo a little Venice godendovi lo spettacolare tramonto. Su quest’isola ci fermammo un paio di giorni per poi ripartire alla volta di Naxos. Altra sorpresa, viuzze strette ricche di localini, negozietti e taverne da cui si diffonde la tipica musica greca, piazzette e splendidi angolini ricoperti da rigogliose buganville, i polpi appesi ai fili come tanti panni stesi, i fumi delle grigliate, e tanta, tanta vitalità.
Il giorno successivo navigammo per poche ore, l’isola di IOS era distante una quindicina di miglia (sempre per la gioia dell’equipaggio femminile). La Lonley Planet recita: “ IOS ,sole, mare e sesso” , ma a quanto pare è una regola valida solo per i teenager, infatti l’età media credo non superi i 20 anni; le stradine, i pub, le piazzette, rimbombano di musica assordante, i tavoli dei locali sono costruiti per poterci ballare sopra, la vita inizia attorno all’una e prosegue sino all’alba, ATTENZIONE ALL’ALCOOL, sembra che se ne consumi a fiumi, con tutte le conseguenze del caso. Dedicammo una giornata al giro dell’isola in QUAD, visitammo quella che viene indicata come la tomba di Omero, e raggiungemmo una spiaggia molto bella posta sul versante est dell’isola, ma che purtroppo dovemmo presto abbandonare a causa del troppo vento.
Il mattino seguente orientammo la prua verso Santorini, Thira per i Greci. Appena usciti dal porticciolo di IOS fummo immediatamente “aggrediti” dal Meltemi, che pur essendo a favore, soffiava con punte di 48 nodi; la barca planava velocissima su onde maestose , lo speedometro ha persino segnato 13 nodi, che per una barca a vela da crociera è una velocità di assoluto rispetto (nella norma la velocità media si aggira attorno ai 7-8 – 9 nodi con punte di 10). L’ingresso nella caldera di Santorini fu abbastanza traballante a causa dell’inevitabile effetto Venturi, ma appena entrati il paesaggio che ci si mostrò alla nostra vista fu qualcosa di veramente unico. Stavamo navigando all’interno del cratere; credo che tra tutti i luoghi al mondo che ho avuto l’occasione di visitare, questo lo colloco tra i primi posti in quanto ad emozione, bellezza e magnificenza. Ormeggiammo agganciati ad una vecchia boa metallica proprio sotto la cittadina di Oìa, che si mostrava, nello splendido candore delle tipiche case bianchissime e delle cupole azzurre come il mare, arroccata nella parte alta dell’isola su una roccia lavica a picco sul mare tanto da sembrare inaccessibile. In realtà per raggiungerla vi erano solo due possibilità, 1) una bella camminata in salita su per una viuzza parecchio ripida sotto un sole cocente 2) stesso percorso, ma in groppa ad un asino. Ovviamente scelsi la seconda, se non altro per una nuova esperienza, riprendendo con la mia videocamera Antonio e Nelida che pure scelsero questa soluzione; mentre il resto del gruppo optò per la camminata. La salita in groppa all’asino fu divertentissima.
Oìa è un luogo incantevole, da qui si può gustare uno dei tramonti più belli in assoluto, magari accomodati su una comoda poltrona, in uno dei tanti locali a picco sul mare, sorseggiando del buon vino di produzione locale (a Santorini si produce dell’ottimo vino bianco). Per chi non la conoscesse Santorini è ciò che rimane di un vulcano che esplodendo lasciò un grande cratere al centro inondato inevitabilmente dal mare,lasciando tutto attorno una corona lavica su cui è rifiorita la vita. Mi ripeto, il luogo è veramente UNICO e non si può non andarci, GARANTITO. La vacanza greca delle mogli era terminata, ed il mattino successivo si imbarcarono di buon ora su un aereo che, facendo prima scalo ad Atene, le riportò a Milano in poche ore , (il giorno successivo sarebbero poi ripartite per la Sardegna). A questo punto il nostro equipaggio si è ridotto a quattro elementi, Andrea, Gigi, Giziano ed Antonio; gli amici che avrebbero dovuto raggiungerci in questa fase del viaggio, per vari motivi hanno dovuto rinunciare. Cabine libere, letti larghi, cambusa piena, cantina pure e via! Santorini distava una cinquantina di miglia da Astypalaia, una distanza che ricoprimmo interamente a vela visto il moderarto vento a favore. Astypalaia in greco significa farfalla, ed è così chiamata per via della particolare forma che ricorda proprio una farfalla. Quest’isola in passato fu base e covo di sanguinosi pirati che, terrorizzavano e saccheggiavano le navi che trasportavano merci preziose in transito tra oriente ed occidente; Astypalaia risultava in una posizione strategica, alle porte dell’Asia minore. La tappa successiva sarà Kos, e quindi la TURCHIA, ci siamo quasi, ma questa la racconteremo in seguito.
P.S. –
25 agosto 2009 , costa Turca tra Bodrum e Marmaris, non abbiamo ancora avuto occasione di pubblicare questa terza parte del diario di bordo a causa della difficoltà nel reperire una linea per internet, pertanto nel frattempo il nostro viaggio è continuato, ora siamo in Turchia. Purtroppo la notte trascorsa ad Astypalaia si mostrò alquanto tragica, mentre dormivamo l’ancora si è sganciata, e la barca sospinta da una forte meltemi levatosi nella notte, se ne stava andando alla deriva; per fortuna c’è chi fa pipì ogni tre per due ed accortisi del pericolo ci allertammo, tutti svegli in pozzetto, salpammo l’ancora e rifacemmo la manovra, ma il fondo era davvero cattivo tenitore, a quel punto eravamo svegli, ci preparammo un buon caffè e partimmo per Kos. Eravamo arrivati nel Dodecanneso. La prossima volta riprenderò da qui; IL VIAGGIO CONTINUA
Diario di Bordo N° 4
TURCHIA e CASTELLORIZO
“Il rientro”
La notte trascorsa ad Astypalaia (GR) è stata ampiamente ripagata dalla sorprendente Turchia. Le formalità di ingresso si sono dimostrate molto più semplici del previsto e la città di Bodrum è paragonabile a molte città occidentali, piena di vita, musica ad alto volume ovunque sino al mattino. La distinguono una serie di taverne che sembra facciano a gara per mostrare giranti e fumanti kebab cotti con maestria turca che sprigionano invitanti profumi (alcuni davvero squisiti); mentre agli angoli delle vie, nelle piazzette, ecco ovunque l’immancabile “cai” (te, servito in snelli bicchieri di vetro) od il “raki” (liquore all’anice, simile all’ouzo greco); negozi dalle vetrine illuminatissime propongono ogni tipo di merce contraffatta che insistenti venditori tentano in tutti i modi di rifilarti. Ma ciò che veramente colpisce sono i numerosissimi minareti dove i Muezzìn (che Antonio ha ribattezzato Moscardìn) puntualmente annunciano la preghiera con tonalità a noi sconosciute. Siamo in periodo di “Ramadam” e con un colpo di cannone, che ogni giorno viene sparato al tramonto, si annuncia la sospensione dell’austerity. Da Bodrum partimmo alla scoperta della costa “CARIA”, tra le più belle della Turchia; molto frastagliata, ricca di ridossi, splendide insenature, antiche rovine ovunque, mare trasparentissimo, acqua calda, l’ideale per una bella crociera in vela. Tra le baie più suggestive c’è Knidos, dove vi trascorremmo la notte sotto i resti di un’antica città fondata da coloni provenienti dall’antica Tessaglia o da Sparta attorno al IV secolo a.C. eravamo ancorati in prossimità di antiche colonne di fronte ai resti, ben conservati di uno splendido anfiteatro, illuminati dalla candida luce di una luna meravigliosa (atmosfera da mille e una notte, purtroppo only man). Da Knidos ci spostammo a Datca, un cittadina carina, piena di buganville, di gente cordiale e con gli immancabili minareti. Il giorno successivo puntammo verso un piccolo fiordo che il portolano dipinge come luogo infestato da zanzare e da squali; in realtà qualche zanzara c’era, ma degli squali neanche l’ombra. La caratteristica di questo fiordo, oltre al fatto di essere stretto e di inoltrarsi nell’entroterra per almeno 2 miglia, sono i pini che adornano le coste sin quasi ad affondare le loro radici nel mare; il paesaggio ricorda più le nostre Dolomiti che non una località dell’Asia minore. Il giorno successivo facemmo rotta direttamente su Marmaris, un’altra ridente cittadina piena di vita, di musica ad alto volume, di kebab, di venditori assillanti, di minareti ecc..ecc.. Ma Marmaris presenta una caratteristica essenziale, è ubicata in una posizione strategica ove poter svernare la barca; vicina all’aeroporto, collegata quotidianamente con la vicina Rodi da cui poter trovare voli convenienti per l’Italia, ed inoltre è circondata da insenature bellissime e da isolette, ben ridossata da tutti i quadranti e con l’acqua del mare immancabilmente calda e cristallina. Ci accordammo quindi con lo “YACHT MARINA” di Marmaris per lasciare la barca almeno sino ad aprile; il marina è uno dei più belli che abbia mai trovato, ben organizzato, con piscina ed idromassaggio, 2 ristoranti, club house, market, lavanderia, servizi per assistenza tecnica, free wi-fi per il collegamento internet, ambulatorio medico, parrucchiere e persino una piccola moschea, oltre naturalmente ad acqua e corrente in banchina, robusti corpi morti e servizi igienici di primissima qualità. Dulcis in fundo: costa la metà rispetto a quanto si pagava a Monfalcone (meno di quanto paga il mio amico Andrea Cioni per sdraio ed ombrellone in prima fila ai Lidi Ferraresi).
Ma la nostra avventura non era ancora terminata, avevamo ancora qualche giorno a disposizione ed il nostro obiettivo rimaneva Kastellorizo a Megisti, la piccola isoletta greca distante dalla costa turca solamente poche centinaia di metri, divenuta famosa per essere stata teatro del noto film “MEDITERRANEO”. Partimmo quindi alla buon ora con prua rivolta verso Kastellorizo, ma dopo poche miglia un rumore sordo e sinistro annunciava una avaria al motore; fummo costretti a far marcia indietro, con motore ovviamente spento, navigando unicamente a vela, sfruttando una leggera brezza riuscimmo a rientrare. Individuammo immediatamente il guasto, che l’amico Ahmed, un Curdo simpatico, bravo e disponibile, nell’arco di un paio d’ore risolse il problema con un costo davvero contenuto. Nonostante il sole stesse ormai tramontando, riprendemmo il nostro viaggio; navigammo sino alle 22,00 finchè decidemmo di rindossarci ancorandoci dietro un’isoletta per trascorrere la notte. Il mattino seguente riprendemmo il nostro viaggio, entrammo nel porticciolo di Kastellorizo nel primo pomeriggio. Il luogo può definirsi veramente da film, innanzitutto è bene precisare che su questa piccola isola non c’è praticamente nulla se non questo piccolo porticciolo, ma la cornice che si presenta al visitatore è davvero incantevole. Un uomo di nome Lazzaro ci indicò la banchina ove ormeggiare, ci aiutò nella manovra e ci accolse con compiaciuta simpatia; essendo il proprietario di una piccola taverna adiacente al molo, ci predispose un comodo tavolo praticamente sul molo; come si suol dire dalla barca alla tavola, bellissimo! Come dicevo Kastellorizo è diventata famosa per merito del film, tant’è che appena sbarcati ci indicarono la casetta azzurra ove la bella Vassilissa offriva le sue prestazioni. Comunque, aldilà del film, è un luogo da fiaba. La costa sud dell’isola è molto frastagliata, con rocce scoscese e numerose grotticelle, tra cui una famosa che rivaleggia con la più nota grotta azzurra di Capri. Come avrei potuto non immergermi? armato della mia videocamera subacquea, mi gustai quella meraviglia della natura non mancando di riprendere ogni particolare, STUPENDO!!!
Kastellorizo rappresentava la nostra tappa più estrema, 80 miglia più avanti e saremmo arrivati in Siria, ma i giorni sono trascorsi, il momento del rientro era vicino, dovevamo riportare la barca a Marmaris e quindi pian piano iniziammo il rientro, risalendo la costa della Lycia. (Marmaris si trova praticamente a metà tra la Caria e la Lycia). Ci fermammo per la notte a Kalkan, una cittadina definita la Portofino turca, ma che francamente nulla o poco ha da condividere con Portofino (non mischiamo il sacro con il profano). Ormeggiammo sotto un minareto, da cui il solito Muezzin (Moscardin) ci annunciava l’ora della preghiera, sembrava d’averlo in barca, CHE PALLE!!!! La tappa successiva fu la baia di Gocek, un altro luogo incantevole, circondato da monti ricoperti di pini sino al mare. Filammo una cima a terra di poppa, che il prode Antonio da volontario obbligato ha provveduto a fissare attorno ad un pino (NEWS: Antonio ha finalmente imparato a fare la gassa d’amante). Mi sembra ogni volta di ripetermi, ma anche in questo caso la baia era incantevole. SORPRESA, il mattino seguente una bellissima tartaruga ci passò sotto la barca, grande emozione; ovviamente mi tuffai e la ripresi con la mia videocamera subacquea, ci giocai un po’, l’agganciai e mi feci trasportare per qualche metro sin quando fui disarcionato; la tartaruga si girò verso di me, mi guardò e sembrava mi dicesse “che minchia vuoi ha?” –scusa, ma sei così bella – “ma vaffanculo”, si girò e si inabissò; incontro comunque emozionante. Ma gli incontri con le tartarughe non finirono, il mattino seguente nella baia di Ekincik attorno alla barca nuotava quella che sembrava essere una famigliola, due tartarughe grandi ed una piccolina. Da Ekincik ne approfittammo per risalire il fiume Dalyan per visitare i resti dell’antica Caunos, ma soprattutto per vedere le meravigliose tombe rupestri, praticamente dei veri e propri templi scolpiti nella roccia, credete, qualcosa di veramente unico.
In questa occasione ci concedemmo anche un paio d’ore di ottimo relax in una SPA naturale; prima immersi nel fango caldo che si siamo fatto asciugare addosso (sembravamo zombi) poi, ovviamente dopo un’abbondante doccia ci immergemmo in una piscina naturale con l’acqua che sgorgava dal fondo ad una temperatura di 39°, stavamo veramente bene. Le persone del posto sostengono che quell’acqua fosse straordinariamente salutare, in modo particolare per la pelle, per il cuore e per la circolazione, faceva anche tirare il pistolino. Il giorno seguente rientrammo in quel di Marmaris, dedicammo gran parte della giornata alla pulizia della barca, la assicurammo a robusti ormeggi e la consegnammo alle cure del marina.
La nostra vacanza-avventura era terminata, ci attendeva il volo Rodi-Atene-Malpensa, non abbiamo raggiunto Istanbul a causa della riduzione della disponibilità di tempo, ma siamo felici. Abbiamo visitato luoghi bellissimi, incontrato persone cordiali e simpatiche, il gruppo è sempre stato coeso ed abbiamo riso tanto. E’ ora di rientrare, il lavoro, la famiglia, gli amici ci attendono, un ringraziamento particolare alle nostre mogli ed ai colleghi che oltre ad aver acconsentito questa avventura, hanno saputo supplire la nostra assenza. Un saluto a tutti gli amici che sia telefonicamente che tramite internet non hanno mancato di farci sentire la loro vicinanza. L’avventura è terminata, si rientra, ma già si ipotizzano nuovi viaggi, chissà! Sarà la volta del Perù in moto?