I primi progetti di motori a turbina applicati alla nautica risalgono alla prima metà degli anni Sessanta, quando il mondo tecnologico sviluppò turbine per aerei, elicotteri, automobili e persino per motociclette. Così anche la motonautica fu contagiata dalla moda del “turbo” e vennero costruite le prime barche con motori a compressione di gas.
Il sistema è simile a quello utilizzato nella Formula uno, all’inizio degli anni Ottanta, per sovralimentare i motori a scoppio. In sostanza si tratta di generare energia meccanica mediante la compressione di gas combusti. Nella camera a scoppio vengono immessi il carburante, mediante iniettori disposti a raggiera e aria ad alta pressione che viene compressa dalla stessa turbina. I gas combusti spingono sia il compressore che alimenta l’afflusso dell’aria in ingresso, sia il rotore di potenza che utilizza il calore per generare energia.
Nella versione nautica, la turbina è dotata di un riduttore del numero di giri dell’asse del motore, per poter trasmettere la potenza all’asse e quindi all’elica. In realtà questo sistema di trasmissione non è cosi automatico, dato che la velocità della turbina può variare dai 16000 ai 20000 giri/minuto, mentre un’asse di trasmissione all’elica, può supportare un regime di rotazione massimo di 1800/2000 giri/minuto. In sostanza serve un riduttore da 10 a 15 volte la rotazione della turbina.
Questo è sicuramente uno degli aspetti tecnici più complicati e costosi da risolvere ed è la causa principale dei problemi riscontrati a bordo delle unità da diporto con motori a turbina. Oggi, rispetto al passato, i riduttori di rotazione hanno avuto un notevole sviluppo sia in termini di costi che di peso, grazie all’impiego di materiale come l’alluminio e tungsteno, che permettono di alleggerire il gruppo di trasmissione.
In termini di peso una turbina da 6000 hp oggi pesa, mediamente, cinque volte meno di un motore a scoppio di pari potenza, con evidenti vantaggi in fatto di dislocamento e massa dell’imbarcazione.
Purtroppo l’enorme potenza generata da questo tipo di motori è difficilmente gestibile, dato che l’erogazione non è graduale come nel motore a scoppio, ma immediata sopra un certo numero di giri. In nautica le turbine vengono utilizzate come booster per aumentare la potenza dei motori diesel, quando le barche sono già in assetto, o su motori ad idrogetto che non utilizzano sistemi di trasmissione ad elica e permettono di dosare la spinta.
Altro neo dei motori a turbina è l’elevato costo, visto che quasi tutti derivano da quelli impiegati in campo aeronautico che per progettazione e materiali sono ai massimi livelli di standard e qualità.
Insomma a distanza di anni le “turbine” hanno avuto un enorme successo in tutti i settori che utilizzano motori endotermici, mentre in campo nautico sono stati limitati a pochi mega yachts o a navi di stazza ragguardevole. Un vero smacco per chi non può fare a meno del “Cayenne” turbo anche in acqua!!